Una storia della grande epopea contadina calabrese, cominciata agli inizi del ’900 e culminata con l’occupazione delle terre del 1950 in un piccolo paese della provincia di Cosenza, San Demetrio Corone. Secondo l’autore, ciò che realmente mosse i braccianti fu la fame e il bisogno; il desiderio di vedere realizzati i sogni di giustizia sociale e progresso, dei quali loro, classi subalterne, non ne beneficiavano affatto e continuavano a sognare tutto quel terreno incolto, capace di produrre gustosi pomodori e tanto grano. In considerazione di ciò si mossero. Molti di loro agirono anche sul presupposto dei grandi valori e dei grandi ideali, simbolici sotto certi aspetti, che i partiti di sinistra, Pci e Psi più di altri, rappresentavano; ma quella mattina di marzo del 1950, però, la bandiera rossa che tanti braccianti portarono con se, più che l’effigie di un partito per come oggi possiamo intenderlo, rappresentava un’idea comune, un comune sentire, un chiaro simbolo di parte, denotava una appartenenza: da un lato noi, i braccianti, che le terre le vogliamo coltivare e non le abbiamo, noi che le terre le abbiamo sempre sognate; dall’altro voi, i padroni, con le vostre dispense piene di grano e di olio, che le terre le avete e non volete coltivarle. Del resto, del fior fiore di dirigenti che la sinistra sandemetrese aveva, ai vertici della cooperativa e del movimento troviamo Giuseppe Pisano, un socialista sui generis che mai ruoli di prim’ordine ebbe nel Psi e Giuseppe Buonofiglio, un comunista militante, che visse sempre lontano dai giochi di palazzo e dalla sezione.
Adriano D'Amico
L’occupazione delle terre
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