Mario Zangari Del Prato: un nome che spunta, durante l’anno 1936 – variegato dal ben noto regime del “ventennio” – nel montano borgo di Spadola, piccola comunità operante sul Massiccio delle Serre calabre. Dopo le Scuole Elementari, tanti anni di rigoroso collegio clericale, a Squillace e Catanzaro; poi al Liceo classico nella tranquilla e colta cittadina di Vibo Valentia, e poi ancora, all’Università Federico II di Napoli. Tutti intesi a temprare, culturalmente ed eticamente, il suo vigore (già ben coltivato nella famiglia di allora), alle prove ardue della vita. Fresco di studi, quindi, vinse un concorso per procuratore tributario, e l’anno 1966, nel mese stesso di assunzione in servizio nel Nord d’Italia, convolò a nozze con la giovanissima maestra, donna Franca Ferro. Vive, ora, da pensionato, nella sua tranquilla Spadola; dove trova tempo e modo per fare ricerche, per scrivere e pubblicare saggi, libri storici e di poesia. Ampio studio, dottrinale e storico, lo dedicò all’antico suo borgo, con il libro Spadola; la cui storia – dai tempi dei primitivi colonizzatori Greci e fino ai nostri giorni – è stata svolta con rara competenza, ricchezza di notizie e serietà di ricerche, attraverso una vasta produzione bibliografica, remota ed attuale. Nel presente libro, Lo Scrigno, nel quale troviamo pure, due meravigliose e toccanti poesie della stimata consorte, l’accordata loro chitarra, sia che suoni nell’alta notte oscura, sconvolta dal vento; o sotto la pacata luce tenue dell’argentea Luna, sa rendere sempre, stupendamente, le armonie del loro stato d’animo! È, infatti, una raccolta di poesia vissuta, di sincere sensazioni pure, di pennellate di gioia speranzosa e, a tratti, di vera malinconia: lampi di luce nei meriggi rosati, mentre il ruscello scorre …canterellando. Sono versi pregevoli, di fattura classica, per stile, sentimento, dolcezza di toni e profondo contenuto. In essi palpita un alito di arte e di passione; all’intonazione sostenuta, s’intreccia la preziosità del periodo, e affiorano risonanze e reminiscenze – propri dei poeti dell’ultima metà dell’800 – che io direi, armonie di forme manzoniane e zanelliane. E pur se qui manca l’ispirazione fantasiosa ed epica, non manca però il vigore e la varietà delle immagini poetiche, né quel delicato e squisito senso artistico, senza dei quali non si può essere poeta! In alcuni carmi, l’amico mio Mario ha tenuto l’orecchio assai vicino al gran cuore calabrese della sua natia Spadola; del quale ha saputo cogliere ogni palpito d’amore, ogni sospiro di fede, ogni slancio di nobile passione.
Dott. Franco Pregoni
Dirig. Soprint. Beni Cult.